di Marta Lorimer ()

Questo è un articolo dell’Atlante elettorale della Società Italiana di Studi Elettorali (Sise) che – in collaborazione con Repubblica – offre ai lettori una serie di uscite settimanali in vista delle elezioni europee dell’8-9 giugno 2024.

 

Nel nostro paese, come del resto in molti degli altri aderenti alla UE, le elezioni europee sono raramente incentrate sull’Unione Europea. Nella campagna elettorale si parla poco di tematiche relative al futuro dell’Europa. Semmai, i risultati e le loro implicazioni sono interpretati unicamente in chiave nazionale.

Non serve andare molto lontano nel tempo per trovare esempi, in Italia, a sostegno di questa tesi. Le elezioni europee del 2014 furono trattate come un plebiscito per l’allora segretario del Partito Democratico e Presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Nel 2019, invece, il successo della Lega nelle elezioni europee contribuì in parte alla caduta del primo governo Conte.

L’elezione di quest’anno non farà eccezione. Appare piuttosto chiaro che l’esito di questa competizione europea minaccia di alimentare tensioni all’interno del governo, e in particolare fra la Presidente del Consiglio e leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, e l’alleato di governo e leader della Lega, Matteo Salvini.

L’Italia è (finora) un caso unico in Europa occidentale di governo a maggioranza e leadership di destra radicale. Sia Fratelli d’Italia che Lega sono infatti classificati come partiti di questo tipo. Essi si distinguono per le loro politiche migratorie e securitarie restrittive, per il peso che danno alla nazione e alla sovranità, e spesso, ma non sempre, per l’approccio conservatore che adottano sulle tematiche sociali.

Le analogie fra Lega e Fratelli d’Italia non si fermano all’ideologia, ma riguardano anche la sociologia elettorale, poiché questi partiti competono per attrarre elettori con un profilo simile. In passato, i predecessori di Fratelli d’Italia (il Movimento Sociale Italiano e Alleanza Nazionale) non entravano in competizione con la Lega, poiché i loro elettorati avevano messaggi politici e distribuzioni geografiche diverse. Ma la trasformazione della Lega da partito regionalista a partito nazionale li ha messi in concorrenza diretta. Se fino al 2019 la Lega ha avuto la meglio, da qualche anno a questa parte i ruoli si sono invertiti, e attualmente è Fratelli d’Italia a dominare lo spazio elettorale della destra radicale.

La competizione fra questi due partiti per l’egemonia sull’area di destra è fonte di tensione, poiché il successo dell’uno si traduce in una perdita di voti per l’altro. Al momento, questo è un problema soprattutto per Matteo Salvini, da tempo in perdita di consensi. Parte del suo elettorato è stato fagocitato da Fratelli d’Italia, e le elezioni europee rischiano inoltre di sancire per la Lega un arretramento anche rispetto a Forza Italia.

Nel tentativo di colmare il divario con gli alleati di governo, il segretario della Lega ha optato per una campagna incentrata sulla contestazione della UE. Abbinando allo slogan ‘Più Italia, meno Europa’ l’opposizione alle ‘euro-follie Green’, alla ‘carne chimica e insetti’ e all’idea di mandare soldati italiani in Ucraina, Salvini sembra rivolgersi soprattutto ad un elettorato contestatario interessato a un’offerta politica radicale.

Giorgia Meloni sta conducendo una campagna diametralmente opposta. Se Salvini si presenta come un candidato contestatario, la premier invece cerca di ‘normalizzare’ l’immagine internazionale del suo partito, presentandosi come una rispettabile alternativa conservatrice di governo, invece che come la leader di un partito della destra radicale.

Mantenendo la postura costruttiva rispetto all’UE adottata da quando è al governo, Meloni ha incentrato la campagna sullo slogan ‘Con Giorgia. L’Italia cambia l’Europa’. L’obiettivo è quello di enfatizzare non solo la sua capacità di cambiare l’UE ‘dall’interno’ come leader di governo, ma sfruttando il consenso di cui continua a godere, è anche quello di accreditare la sua persona. Meloni, insomma, può permettersi di trasformare l’elezione in un test di popolarità – cosa che Salvini oggi non può più rischiare di fare.

Se i sondaggi sono corretti, Giorgia Meloni è sulla buona strada per consolidare la sua posizione come leader della destra radicale italiana e per acquisire un ruolo centrale anche a livello europeo, portando così la destra radicale sempre più nel mainstream politico. L’interesse mostrato dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, per una collaborazione fra il Partito Popolare Europeo e il gruppo dei Conservatori e Riformisti (di cui è Presidente la premier italiana) mostra quanto sia già stata normalizzata la presenza di Meloni nelle istituzioni europee, e potrebbe portare a nuove alleanze fra centro-destra e destra radicale nel corso della prossima legislatura, con la conseguente marginalizzazione del PSE e dei liberali di Renew.

Resta da vedere come reagiranno Salvini e la Lega ad una eventuale sconfitta. Al momento, non è chiaro chi potrebbe rimpiazzare Salvini come segretario, ma il leader della Lega potrebbe vedere la sua posizione indebolirsi ulteriormente. Una Lega instabile potrebbe diventare un problema per Meloni, poiché minaccerebbe la stabilità della coalizione di governo. Il periodo successivo alle elezioni sarà dunque decisivo per entrambi i leader della destra radicale italiana.

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