Questo è un articolo dell’Atlante elettorale della Società Italiana di Studi Elettorali (Sise) che – in collaborazione con Repubblica – offre ai lettori una serie di uscite settimanali in vista delle elezioni politiche del 25 Settembre 2022. La Sise promuove dal 1980 la ricerca nel campo delle elezioni, delle scelte di voto e del funzionamento dei sistemi elettorali. L’Associazione si avvale del contributo di giuristi, sociologi, storici e scienziati della politica, con l’obiettivo di favorire la discussione attraverso l’organizzazione di convegni di taglio accademico aperti anche al contributo di politici e commentatori.
Coordinamento scientifico e editoriale a cura di: Luigi Ceccarini (Università degli Studi di Urbino); Marino de Luca (University of Sussex); Domenico Fruncillo (Università degli Studi di Salerno); Antonella Seddone (Università degli Studi di Torino); Fulvio Venturino (Università degli Studi di Cagliari).
Un’elezione strana e una vittoria annunciata
di Luigi Ceccarini (Università di Urbino Carlo Bo) – la Repubblica 29/09/2022
È stata una strana elezione. Strana sotto profili diversi. Almeno tre, con relative implicazioni: le premesse, i sondaggi, la campagna.
- Rispetto alle premesse, queste elezioni seguono una crisi di governo altrettanto strana. All’ultimo miglio, visto che la legislatura era già in dirittura di arrivo. Nel mezzo dell’estate. E anche nel mezzo dell’implementazione del Pnrr finalizzato a risollevare il paese dopo la guerra al Covid. E durante le pesanti conseguenze di un’altra guerra, in Ucraina.
È una delle crisi di governo sicuramente tra le più inspiegabili della storia repubblicana. Anche se in una certa misura le ragioni apparivano piuttosto evidenti. Lo spazio politico perduto dai partiti (tranne uno) nel governo tecnico guidato da Draghi. E poi la perdita, parallela e continua, di consenso da parte di alcuni specifici e significativi attori dello scenario politico: M5s e Lega anzitutto. Quei partiti cioè, che solo qualche anno prima erano riusciti a intercettare, rappresentare, ma anche stimolare, un disagio diffuso.
Avevano poi dato vita ad una inedita e imprevedibile coalizione nel 2018 siglando il Contratto per il governo del cambiamento. Sono i primi ad aver pagato la loro collocazione governativa. Il costo era diventato troppo alto per non reagire. Per non tentare il tutto per tutto.
Così, questi attori contro, all’opposizione anche nel e del loro governo (quasi un ossimoro nella vivace politica nostrana), non hanno resistito alla tentazione di chiudere l’esperienza. Lo stesso Draghi ha colto l’occasione per (im)porre una sorta di prendere-o-lasciare ai vivaci partiti che lo sostenevano.
L’abbraccio con la “vera” opposizione, quella originale, fuori dal perimetro governativo, che ha quintuplicato i consensi durante una (quasi) legislatura, è diventato se non mortale davvero molto forte. Quasi da togliere il fiato. Come avvenuto per la Lega.
La logica che le elezioni si vincano stando all’opposizione, andando poi ad incassare al momento opportuno, puntando, sul voto contro sembra avere funzionato anche stavolta. I flussi elettorali lo dimostrano. Attori diversi, stessa meccanica. Chissà che succederà nel prossimo futuro. Specie con le aspettative alimentate in campagna. Se chi vince perderà poi fatalmente smalto, dopo la classica luna di miele.
Certo è che la parabola di vari leader del passato recente gettano un’ombra su chi si appresta a governare. La ricerca del nuovo, o quantomeno di un cambio, sembra ormai essere una costante dell’elettorato italiano. Disorientato. Insoddisfatto. Deluso. Alla ricerca continua di (nuovi) approdi.
- Una strana elezione anche perché sondaggisti e sondaggi non sono stati, questa volta, oggetto di critica. Bersaglio da parte del sistema mediatico e dei leader politici: da sempre i primi ad utilizzarli, a richiederli agli istituti demoscopici e a chiedere: “…ma cosa dicono i sondaggi?” (Anche dopo i flop)
Stavolta, anche gli exit-poll hanno centrato l’obiettivo. Sebbene ai sondaggi non andrebbe mai chiesto di pre-vedere. In effetti, gli exit-poll chiedono di “retro-vedere”. E stavolta hanno registrato con precisione (sebbene all’interno di ampie “forchette”) il voto espresso. Ma non vi è stato un particolare riconoscimento da parte del circuito politico-mediatico.
Andrebbe ricordato agli anchormen dei chiassosi talk che il margine di errore statistico (la forchetta) vale per ogni rilevazione. Anche durante la campagna elettorale, quando invece vengono aperte grandi discussioni su variazioni limitate ad uno “zero virgola” da una settimana all’altra: cioè sul nulla.
I sondaggi agostani, rischiosi con ampie componenti di elettori sotto l’ombrellone e con un approccio psicologico “sospeso” dalla realtà e immerso nel clima di ferie, hanno fornito una rappresentazione del clima di opinione in formazione, risultato poi coerente con i risultati.
- È stata una strana elezione anche dal punto di vista della campagna elettorale. Breve, fuori stagione, poco coinvolgente, forse si potrebbe azzardare e dire che è stata anche noiosa e bruttina. Del resto, le campagne sono anche funzione della legge elettorale. Non si sono visti elementi di innovazione in termini comunicativi. Certo i giovani “digitali” sono stati corteggiati un po’ da tutti. Ma si tratta di un segmento negletto e difficile da intercettare. Sbarcare su TikTok non è stato sufficiente (lo testimoniano peraltro le stesse reazioni dei giovani in questo social).
Sono particolarmente delusi dalla politica: negli stessi giorni hanno riempito le piazze di Greta Thumberg, disertando quelle dei comizi.
- Così, la vittoria annunciata (dai sondaggi) si è puntualmente realizzata. La mappa elettorale ha nuovamente cambiato colore tingendosi di blu, stavolta, dopo l’azzurro, il rosso, il giallo. I perdenti, misurati non solo sul numero di voti conseguiti, ma sulla base delle aspettative o delle dichiarazioni pre-voto, sono già impegnati nelle riflessioni dentro le segreterie dei partiti. Ma ciò che si è perso davvero è il contorno di un concetto democratico fondamentale: la cittadinanza politica.
Più di 16 milioni di elettori sono rimasti tali, non vestendo i panni dei votanti. Forse non hanno condiviso le premesse di queste strane elezioni. Forse non sono stati coinvolti dalla campagna elettorale. Forse non si sono riconosciuti nell’offerta politica (leader, candidati, proposte). Ma hanno sicuramente seguito i sondaggi. Sin dal tempo delle ferie era chiaro chi fosse la vincitrice (senza margine di errore). Allora: né bandwagon né underdog: «Meglio restare a casa. Tanto il mio voto non fa la differenza!»
Luigi Ceccarini è Presidente della Società Italiana di Studi Elettorali. Insegna all’Università di Urbino Carlo Bo dove coordina le attività scientifiche di LaPolis (Laboratorio di studi politici e sociali).
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